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lunedì 22 giugno 2020

Ricordi del 10 giugno 1944

 Amedeo  nella casa in collina - 1944
Ricordi. Sono nato a Trieste il 27 marzo 1940. C'era la guerra e malgrado la mia tenera età, ricordo molto bene quel giorno: come fosse oggi. Era il 10 giugno 1944 e mi trovavo ospite presso amici di famiglia in una casa di collina, alla periferia di Trieste (attuale via Cesare dell'Acqua). 
Ho il ricordo di un aereo, la gente lo chiamava  "Pippo” (4): sorvolava sempre la città di notte durante il coprifuoco mitragliando, a volte, le case dove traspariva un pò di luce creando molto panico e vittime. Il mattino di quel giorno fu diverso dagli altri, sentii le sirene del preallarme aereo (un rumore angosciante), poi, suonò l'allarme vero e proprio. Di li a poco iniziò il bombardamento più devastante  che Trieste abbia mai subito durante tutta la seconda guerra mondiale (1.). Le bombe vennero sganciate dagli aerei militari alleati. Oggi da una piccola ricerca ho scoperto che appartenevano al 449° e 450° Bombardment Group della 15th Air Force (vedi 2 e 3).
Mi ricordo che quel giorno quando suonarono gli allarmi, ci fu un fuggi fuggi generale verso il rifugio più vicino. La famiglia che mi ospitava a casa loro si dimenticò di me.. in quel momento giocavo in una parte del cortile nascosta di quella casetta rurale (forse mio malgrado incolpevolmente incustodito, vista la drammatica situazione). Quando mi accorsi di essere rimasto da solo, dopo aver cercato qualcuno a casa, continuando a sentire l’allarme, mi spaventai molto, così d’istinto scappai nello scantinato della casetta, per mia fortuna rimasto aperto. Una volta entrato, mi accovacciai dietro un sacco di grano in prossimità dell'uscio e da quel punto solo e terrorizzato divenni testimone di un dramma che mi lasciò il segno, per molto tempo durante gli anni della mia infanzia e oltre. Spesso, anche tanti anni dopo, mi svegliai di soprassalto la notte... sognando quei momenti. Ricordo ancora come fosse oggi l'arrivo di questi aerei luccicanti, argentei che venivano dal mare e si intravedevano tra le nuvole; ho ancora negli orecchi il rombo minaccioso dei loro motori. Volavano in quota per centrare gli obbiettivi (che immagino oggi dovevano essere non solo la raffineria Aquila come riportato nei report, ma anche il Porto, il Cantiere S. Marco, la Fabbrica Macchine e la Ferrovia). Vennero colpite anche altre zone della città.
Vidi allora cadere le bombe a grappoli. Sibili e scoppi ed il fumo enorme che si alzava alto dalla raffineria Aquila, da S.Giacomo e dalla stazione Ferroviaria Maddalena. Ricordo ancora la mia curiosità di bimbo di vedere cosa stava succedendo.  La curiosità era superiore alla paura. Il bombardamento non era ancora finito, quando uscii dallo scantinato dove mi ero inizialmente rifugiato.
Ecco che una bomba cadde allora vicino, sulle case popolari di Santa Maria Maddalena Inferiore: una fu danneggiata, l’altra crollava completamente ("Case dei sfratai", così venivano allora chiamate) qualche centinaio di metri dietro alla casa dove abitavo. E’ dal cortile in cui mi trovavo, pericolosamente allo scoperto, che notai, davanti al portoncino di ingresso, una signora anziana piegata a terra, sanguinante, ferita al volto: era stata colpita da una scheggia di un’altra bomba (caduta poco lontano provocando anche una profonda voragine). La riconobbi. Quella donna era molto conosciuta nella zona, era una commerciante ambulante che passava ogni sabato e domenica per vendere i suoi dolci alle persone abitanti nella zona. E’ in quel momento che credo venni colpito in modo lieve al ginocchio sinistro, da un sasso o forse da un piccola scheggia vagante. Porto ancora oggi la cicatrice.
Terrorizzato corsi, allora traballante, verso un rifugio privato li vicino, di una famiglia benestante che ospitava parenti e vicini di casa, compresa la famiglia che mi ospitava.  Volevo che dessero soccorso a quella signora ferita. Durante il mio percorso, che mi sembrò lunghissimo, passai davanti una casa e da una finestra un vecchio (del quale ricordo ancora il suo nome, si chiamava Marco) e sua figlia mi videro e corsero subito fuori casa a prendermi. Mi misi allora a piangere. Una volta in braccio, quando mi portarono al riparo a casa loro, le bombe stavano ancora cadendo. 
Videro allora che ero sanguinante al ginocchio sinistro e si spaventarono molto. Concitatamente raccontai dell'accaduto alla signora dei dolci, indicando dove si trovava. Mi misero momentaneamente al coperto e corsero allora immediatamente in suo aiuto, la portarono a casa loro e ci medicarono alla meglio come si faceva in certi casi a quei tempi. 
Per qualche tempo dopo questo fatto, ogni domenica la signora dei dolci mi regalava un Krapfen. Io la ringraziavo sempre, Lei con un sorriso e una carezza mi rispondeva: “sono io che devo ringraziare te”. Quella signora dei dolci purtroppo non l'ho più rivista così come Marco e sua figlia che allora mi aiutarono: nel 1945 la guerra terminò ed io ritornai a casa, ma il ricordo di quei giorni ed il sapore di quei buonissimi Krapfen è sempre vivo dentro di me.  
Ricordi.
Amedeo.

Riferimenti:


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